Sunday, October 10, 2010

Una storia per cui indignarsi

L’altra sera a cena si parlava del difficile momento storico: mancanza di etica e profondo disinteresse per la cosa pubblica, il gossip che irrompe e diventa il motivo trainante delle azioni di governo. Inaccettabile. La conclusione: bisogna indignarsi.

Bene e poi? E’ sufficiente l’indignazione? Come si trasforma l’indignazione in azione vera e propria?

Ecco una piccola storia che si aggiunge alle migliaia già sentite e lette.

Una mia amica, la chiamo Anna, è insegnante precaria d’italiano nella scuola. Abilitata, da parecchi anni nelle graduatorie, ma troppo in basso per essere chiamata alle supplenze statali. Viene assunta a T.I. in una scuola privata, un istituto superiore, per poche ore la settimana: GRATIS, ovvio, senza retribuzione, ma con la garanzia di potere aggiornare la graduatoria a fine anno con gli agognati 12 punti del servizio prestato.

All’inizio di quest’anno, dopo ben 7 anni di lavoro in quella scuola, ad Anna viene improvvisamente richiesto un impegno orario di 15 ore settimanali a fronte di ZERO retribuzione, l’orario le viene spalmato sull’intero arco della settimana con tanti buchi… Anna non capisce. L’atteggiamento mutato nei suoi confronti, chiaramente manovre per metterla in difficoltà: “agli altri viene concesso di uscire con un quarto d’ora d’anticipo, io e la mia classe non possiamo, per farmi consegnare i registri ho dovuto alzare la voce”, insomma un insieme di azioni che non vogliamo ancora chiamare mobbing, ma vessazioni si.

E comincia il giro di avvocati e sindacalisti. E improvvisamente la luce: la scuola che l’ha assunta non gode più dopo 7 anni degli sgravi fiscali, quindi è importante liberarsi della zavorra e quale miglior metodo che farle delle proposte inaccettabili: la ragazza si dimetterà! Ma per fortuna Anna ha una fibra, un coraggio e una testardaggine che invece le permettono di non mollare e di impegnarsi fino in fondo per capire fino a che punto sono disposti ad arrivare per liberarsi di lei. Intanto ha scoperto che ad una collega in maternità la scuola non aveva pagato i contributi previdenziali e ha anche scoperto che ai professionisti che lavorano in quella scuola (medici e avvocati) lo stipendio viene corrisposto in toto.

Cos’altro aggiungere? Ah si: l’etica del lavoro, l’entusiasmo per il proprio mestiere, la professionalità. Ma in un contesto del genere come si può anche solo pretendere che le persone lavorino con motivazione, e quali valori si riesce a trasmettere agli alunni? E che dire del fatto che licenziata Anna c’è una sfilza di Marie, Caterine, Angeliche, pronte a lavorare gratis pur di ottenere il famigerato punteggio.

A questo punto l’indignazione ha raggiunto il suo apice di fronte alla dignità calpestata di un lavoratore, per di più educatore. Indignazione e dignità hanno la stessa radice etimologica che riporta a termini come decenza e decoro. Ma le parole non bastano più.

Da dove cominciare? Farsi forza e non accettare più di lavorare in nero, per non svilire una professione costantemente minacciata dalle “riforme” del ministero? Che la ribellione parta dal basso. Anna non mollare!

2 comments:

  1. mamma mia, poveretta! però non mi stupisce dato lo schifo in cui viviamo...
    lo sai che è proprio un bel blog questo? non lo avevo visto, conoscevo shrinkingpat, ma questo no.
    da oggi hai una lettrice in più!! :))

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  2. grazie mille cara, un piccolo complimento è un grande segnale per la mia autostima in grave deficit

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