Friday, April 29, 2011

Cosa non serve al neonato

Ci hanno convinte, ci sono riusciti quelli delle multinazionali che: non sappiamo partorire (le multinazionali del farmaco che sono riuscite a fare medicalizzare il parto), che non sappiamo allattare, che non sappiamo prenderci cura dei nostri figli se non abbiamo una serie di inutili e costosi orpelli e artifici che dovrebbero intrattenere, cullare, cibare il neonato.

Non ho letto il libro "Neonato a costo zero" e mi riservo di comprarlo, ma è sulla mia pelle che ho sperimentato cosa serve davvero acquistare per i neonati.



Con un neonato in casa, il secondo figlio, si ha una visione più lucida della vita.
Io non so se sia dipeso dal fatto che il primo figlio sia nato con il cesareo, mentre il
secondo con parto naturale (vedi questo post in proposito), però adesso mi sembra tutto più
semplice.


Innanzitutto per il primo (quello della foto su, impegnato a scorrazzare sul suo monopattino) avevo perso la cognizione del tempo, non leggevo più giornali, oltre ad avere sospeso le normali attività: dal lavoro, agli interessi allo sport. Si, per qualche mese ho vissuto in una dimensione decisamente sospesa.




Adesso, con il secondo cucciolo, forse per l'esito post parto molto più agevole, o forse perchè c'è già l'esperienza del primo, insomma mi sento meno tagliata dal fuori dal mondo. Ho scoperto una marea di mamme blogger e ho più tempo da dedicare ai miei interessi, stanziali, ovviamente, eppure, ho la sensazione netta di occuparmi forse di più e meglio di questo cucciolo.
Durante i quattro anni che sono passati dal primo ho maturato una serie di scelte e fatto un percorso di consapevolezza che mi ha portato ad una sola conclusione:



HO SPESO INUTILMENTE UNA MAREA DI SOLDI!!!!

Per il primo bimbo ero concentrata sull'acquistare: dal micro al macro. E ammetto di avere provato un immenso piacere, la fase dello shopping per noi donne, non potendosi concentrare che su pochi accessori in quel periodo in cui gli ormoni sono abbastanza in subbuglio, beh, lo shopping per il bebè rappresenta una valida alternativa.
Alla nascita del primo ragazzo e fino a qualche mese dopo, mi sono ritrovata con la casa invasa da una marea di roba:

Categoria grande ingombro:
passeggino trio, culletta (trasformabile in lettino), cassettiera, scalda biberon, da auto e da casa, interfono per la casa, sdraietta, palestrina,seggiolino da tavolo (giusto per portarsi avanti), vaschetta per bagnetto, marsupio, fascia sling, cuscinone da allattamento, seggiolone (inutile anche questo fino almeno ai 6 mesi), box (ma questo lo spiego dopo), cuocipappe, lavandino per imparare a lavarsi, pedana per arrivare al lavabo, megagigantesco riduttore per imparare ad andare in bagno. Non ho acquistato il fasciatoio, che ho poi comprato per il secondo bimbo. Alcune persone acquistano anche tiralatte e bilancia, che non ho acquistato, ma so che si possono affittare presso le farmacie

Categoria piccolo ingombro, sparsi tutti per la casa:
ciucci, portaciucci, garze, biberon in vetro, in plastica, creme, cremine, bagni schiuma, profumi, pettine, spazzola, reggiseni da allattamento, liquidi per la sterilizzazione, tutine, accessori per il tiralatte (l'aggeggio si affitta, ma gli accessori si acquistano).

Categoria giocattoli: capitolo infinito.... sonagli, sonaglini, chiavi colorate, mordigengive, carillon di tutte le dimensioni e tipi di plastiche con lucine colorate.

Categoria libri di puericultura: un numero cospicuo, ma per i libri ho un debole, quindi non mi sento di sconsigliarne alcuno. E anche a questo dedicherò un post apposito.

Insomma una marea di roba, molta della quale ho trovato inutile, non ho per niente usato. La casa diventa una succursale di quei negozi in cui tutto è ammassato nella speranza di trovare un acquirente consumatore, con la piccola differenza che qui di consumato c'è solo il vostro conto in banca!!
Devo dire comunque che visto che aborrisco la plastica ed essendo un'amante del design, molti degli oggetti che ho acquistato o che ho ricevuto in regalo appartengono ad una categoria plastica-free e anche belli-da-vedere o riutilizzabili. A questi oggetti dedicherò un post apposito.

Di moltissimi di questi oggetti il bambino non ha affatto bisogno. Alla nascita, se c'è un percorso fisiologico di nascita e di avvio dell'allattamento le sole cose di cui avrà bisogno il pupo sono: le braccia di mamma e papà e le tette di mamma!!!

Cosa penso che serva davvero.
Col senno di poi e l'esperienza del secondo figlio davvero penso che si possa fare a meno di moltissime cose. Ad esempio, ora che il piccolino ha circa due mesi ho usato: i pannolini e i vestitini (in cotone biologico il body interno), il fasciatoio, ma per il primo figlio avevo la lavatrice accanto al lavabo e quindi non lo avevo comprato, la fascia sling per portarlo e il seno per dargli nutrimento (niente biberon, nè ciucci). Per il primo bimbo avevo affittato il tiralatte elettrico all'inizio per calibrare bene l'allattamento visto che avevo avuto problemi. Ma l'uso del tiralatte, in fase iniziale, soprattutto in zona montata lattea è sconsigliato perchè non fa che aumentare la quantità di latte prodotta e il seno va in tilt se il bambino non lo svuota a sufficienza. Riguardo alla bilancia, non avendo spazio in casa non mi sono posta il problema, ma c'è anche da dire che ogni settimana andavo al consultorio (abitavo a Milano) a pesarlo. Adesso mi sono liberata della schiavità del peso e vado ogni 15 giorni dalla pediatra, se me lo ricordo. Vedo se il bimbo cresce dalle tutine, dalle gambine, da quanto comincia ad interagire....

Al posto delle cremine all'ossido di zinco, spesso irritanti perchè troppo aggressive, uso l'argilla ventilata. E a dire il vero penso che dovrei fare a meno dei pannolini, che sono inquinanti e costosi e provare ad usare i pannolini riutilizzabili. La pelle del bimbo è delicatissima e profuma senza bisogno di aggiungere nulla: per lavarlo uso acqua e solo talvolta del sapone delicato, senza oli, nè essenze profumate.

Non penso di usare il passeggino a breve termine perchè con il traffico che c'è e la maleducazione vigente degli automobilisti sarei costretta a camminare tutto il tempo in mezzo alla strada e poi quando lo porto nella fascia dorme ed è tranquillo. Certo l'ovetto per andare in macchina è importante, ma bisogna comunque disabilitare l'airbag se lo si usa sul sedile davanti.

---to be continued

Wednesday, April 27, 2011

Carciofi e patate

Ecco un'altra ricetta veloce, servono carciofi (e la pazienza per tagliarli, inclusi i guanti per non far diventare le mani nere), patate, aglio e prezzemolo, olio.
Ecco io non sono bravissima a tagliare i carciofi, comunque bisogna accorciarli in modo da lasciare quasi i cuori, metterli a bagno in acqua e limone, per non farli annerire.
Intanto si tagliuzzano delle patate. In padella dopo aglio e prezzemolo mettere le patate, fare rosolare un pochino e poi aggiungere i carciofi e, ovviamente del sale.

Dare il tempo di cottura che più aggrada ed ecco un piatto veloce e gustosissimo.
Enjoy

Friday, April 15, 2011

Parto e dintorni, dal cesareo al vbac...

Quando vedo "parto", "partorire" e dintorni in questo periodo mi scappa da scrivere in automatico, quindi quale migliore occasione di partecipare al blogstorming di questo mese dedicato proprio al tema del parto!!! Come scrivo più avanti, da un mese coccolo e allatto il mio secondo cucciolo !
Ecco quindi il mio contributo sul tema.


Non è un problema relativo al sentirsi più o meno madre. Quando leggo di parto e dintorni le voci sono innumerevoli: bei parti naturali, bei parti cesarei, bei parti con epidurali, parti da incubo con ossitocina flebo ed episiotomia, orribili cesarei, orribili naturali, strutture ospedaliere brutte, personale sgarbato, personale competente, ginecologi simili a dei scesi in terra, ginecologi ai quali ci si affida, ginecologi che decidono, donne che decidono, parti in casa, parti in acqua, dolore si, dolore no.
Quante voci e, in maniera incalcolabile, milioni di variabili, tante quante sono le donne che ogni giorno danno alla luce un bimbo. Ecco quello che penso io in merito.

Secondo me sono due le voci che suscitano maggiore controversie in merito:

-- l’idea di parto che ciascuna di noi ha, in base alla sensibilità e alle esperienze personali maturate
-- l’idea che ci si è fatte in merito al concetto di dolore nel parto


Ci sono donne più sensibili per le quali il parto rappresenta un grande momento emozionante, donne che non sono consapevoli di quanto abbiano bisogno di silenzio intorno e per le quali l’ambiente ospedaliero è deleterio per l’eccesso di intromissione. Donne che auspicano gli interventi medici epidurali e cesarei perché sono terrorizzate dall’idea di provare dolore e le loro sensazioni sono amplificate. Tutte queste sono donne che prima di comprare un capo firmato sanno vita morte e miracoli dello stilista, della stoffa, degli ultimi modelli, ma non si chiedono neanche per un minuto che tipo di taglio sarà loro fatto durante un cesareo e che conseguenze, anche a distanza di anni potrebbe avere un’operazione di chirurgia maggiore alla quale ci si sottopone come se si andasse ad una seduta da un dentista o da un’estetista!
Il parto è cambiato moltissimo negli ultimi anni, al punto che l’ospedalizzazione ha fatto si che non si può più immaginare un parto in un luogo diverso dall’ospedale. L’ospedale è un luogo rumoroso, affollato, un luogo in cui si curano le malattie e i malati, quindi la gravidanza e il parto sono diventati una cosa patologica, il parto naturale in ospedale, nella stragrande maggioranza dei casi ha ben poco di naturale: monitoraggi, rasatura del pube, visite invasive, ossitocina, epidurale, episiotomia, stimolazioni, fleboclisi, clampaggio del cordone immediato, separazione dalla madre del neonato per pochi minuti o parecchie ore.

Ma che cosa è successo alle donne e alla loro capacità di partorire, che per caso i gatti, i cani, gli animali in generale ricorrono ai medici? Viene loro detto cosa fare, come muoversi, quando spingere? Vabbè, mi direte, l’ospedale ha ridotto la mortalità materna e neonatale: ok, ma quali e quanti sono i veri parti patologici e a rischio? Possibile che su 10 donne almeno 4 subiscono un cesareo e le altre varie altre torture, che io definisco “violenze ostetriche”. Forse una o due si salvano, per la velocità dei bimbi, perché appartengono a famiglie numerose e hanno sentito e visto altri parti, oppure perché si sono debitamente informate e “ferrate” sul parto e hanno cercato le strutture giuste dove partorire (e non alle quali affidarsi, attenzione: perché le donne sanno partorire, non hanno bisogno di affidarsi a nessuno). Ma la maggior parte delle donne è come se soccombesse all'inevitabile e alla fine trova una giustificazione, si fa una ragione, arriva addirittura a pensare che in circostanze diverse a causa delle complicazioni sopravvenute avrebbe rischiato la propria vita e quella del nascituro. Non si chiederà mai, per ignoranza, per noncuranza, per eccessiva fiducia, che forse quelle complicanze sono insorte proprio a causa dell'ambiente ospedaliero. E così si giustificano ferite e tagli che restano sulla pelle e nell'anima per anni.

Questa premessa per me è importante perché ho maturato queste convinzioni dopo due parti molto diversi fra di loro, ma che per me hanno rappresentato un percorso di crescita molto forte e intenso.

Al primo parto mi sono preparata con letture, corsi preparto, gli acquisti consueti e l’entusiasmo conseguente. Ho una forte consapevolezza di me e sono convinta che il dolore del parto fosse un dolore passeggero e fronteggiabile. Ero determinatissima ad avere il mio parto spontaneo e naturale. Mi sono recata presso la migliore e più conosciuta struttura ospedaliera della città in cui vivevo (una metropoli....). Tutto è andato benissimo finchè è stata notte: travaglio fisiologicissimo e veloce in 8 h a dilatazione completa, respirazione, dolore ok, sopportabile in piedi, marito accanto. Tutto ok. Con l’arrivo del giorno (era giovedì e non è un particolare trascurabile) tutto è precipitato: rottura delle acque, allettamento con monitoraggio, visite continue e dopo solo due ore la mannaia: taglio cesareo, ma non c’era sofferenza fetale, la cartella clinica parlava chiaro, né acque tinte. Io non ho mai accettato questo taglio, che mi ha provocato notevoli sofferenze dopo, una ferita sul corpo per la quale provo un profondo fastidio. Non mi sono sentita meno “mamma”, ma mi sono sentita privata dell’agilità che un parto naturale mi avrebbe dato.

Solo con la seconda gravidanza ho cominciato a rielaborare il dolore interiore provocatomi dalla ferita e attraverso un percorso personale, e ancora letture, ma stavolta diverse da quelle del primo parto ho capito che, come gli animali, tutto ciò che volevo per un parto era silenzio intorno a me, buio, possibilità di concentrarmi e un piccolo incoraggiamento a voce nel momento più critico (viene a tutte giusto prima di partorire). Ma stavolta la questione era più delicata, si era messo in mezzo il cesareo precedente e anche se avessi trovato una struttura disponibile mi avrebbero monitorata, allettata, e messa in posizione litotomica e mi avrebbero detto come e quando spingere e per questo praticato l’episiotomia, e se si fosse interrotto tutto perché non avrei sopportato tanta invasività, alla fine mi avrebbero ritagliata.

E davvero ero terrorizzata all’idea di sopportare tanto dolore (si, non quello del travaglio, fisiologico e veloce), ma quello dell’operazione chirurgica, con tutti i rischi che questa comporta. Quando ho visitato la sala travaglio e parto dell’ospedale in cui avevo pensato di partorire mi si è gelato il sangue. Quando al ginecologo ho detto che volevo partorire naturalmente mi ha detto di si, ma che mi sarei dovuta sottoporre a monitoraggio a partire dalla 39esima settimana, e che avrei fatto il travaglio a letto.

Panico, paura, mi sono detta: io piuttosto partorisco a casa!!! Dopo avere cercato online in innumerevoli forum ecco la salvezza: il forum parto naturale, le ragazze di quel forum incoraggianti e competenti, i nomi di ostetriche che aiutano a fare partorire naturalmente, il dovere trovare comunque una struttura ospedaliera (perché i familiari non avrebbero supportato un parto in casa) e infine la soluzione. Un’ostetrica in gamba e competente che all’interno di una struttura ospedaliera offre alle donne che glielo chiedono tutto ciò che loro vogliono. Ed ecco il miracolo: il giorno dell’ingresso alla 39 esima partono le contrazioni, stavolta fortissime e intensissime da subito, la corsa in ospedale dopo un’ora di contrazioni: già a dilatazione completa incredibile! La sala parto/travaglio, luci basse, la mia musica, la vasca (e si, ho fatto il parto in acqua), tre sole persone presenti (ostetrica, allieva ginecologa di turno, mio marito). Niente monitoraggi, due sole discretissime visite, le sole parole incoraggianti di questa grandiosa ostetrica: "apriti", e dopo qualche grugnito la gioia incontenibile di trovarmi il mio cucciolo fra le braccia.

Non smettevo di ripetere: è meraviglioso, è incredibile, è fantastico (e i dolori di poco prima? e chi se li ricordava più?)

Taglio del cordone ritardato, ho visto la placenta (un pezzo di vita meravigliosa), due soli punti interni e la gioia di uscire dalla vasca con le proprie gambe, neanche l’ombra di flebo o altro. Visto che questo parto è stato di sabato sera la grande differenza è che il numero di personale invadente e potenzialmente invasivo è ridotto al minimo. Infine, dopo la notte trascorsa in ospedale il giorno dopo a mezzogiorno ho firmato per tornare velocemente a casa dai miei cari.

Partorire secondo natura è possibile, solo che non basta volerlo o desiderarlo, bisogna lottare per ottenere un parto rispettoso e riguardo alla paura del dolore secondo me bisogna lavorare sulla cultura del dolore, invece di “garantire” l’epidurale, che è un medicinale e obbliga le donne a non sentire e a farsi dire dagli altri cosa fare, bisognerebbe promuovere una cultura del dolore del travaglio di parto come fisiologico e passeggero e controllabile e finalizzato al cammino attraverso il corpo di una creatura che si apre alla vita. Se lo trattieni il dolore è incontrollabile, se lo assecondi e lo canti è potente e meraviglioso.


Questo post partecipa al
blogstorming

Thursday, April 14, 2011

A chi assomiglia?

Un pensiero super veloce: tutti si affollano a cogliere le somiglianze del neonato e invece quando scopro delle differenze mi sento felice. Penso che abbiamo "fatto" qualcosa di diverso. Le sue mani e le sue unghie non assomigliano a nessuno dei familiari e anche le dita dei piedi!!! E che occhi assassini. Che bello non mi somiglia non ci somiglia: è già pronto per il mondo, non sarà condizionato, se è diverso da noi potrà essere libero!!
Evviva

Inviato da iPhone

Wednesday, April 13, 2011

Architetti e architetture



I've always wished I could be an architect, that's my secret dream. But time has gone by, life has taken different paths, and this dream has eventually turned into a big regret. Still I love reading and of course dreaming about shapes, volumes, materials and light. The other day I was really amazed by discovering the works of a Brasilian architect: Marcio Kogan.
I really love his projects, his houses are made up of concrete, though lightness is created from volumes justaxposed.

Sono davvero innamorata dei lavori di Marcio Kogan, ho trovato le sue realizzazioni affini al mio modo di concepire il modello abitativo. Integrate nella natura le sue case sono spesso rappresentazione di volumi, parallelepipedi rigorosi giustapposti o sovrapposti a creare volume e leggerezza. Grandi e immense vetrate illuminano gli interni e al contempo i profili aggettanti della struttura contribuisce a schermare e proteggere gli interni.
Quanto rigore e allo stesso tempo, mi sono detta, funzionalità. I materiali utilizzati sono spesso legno e cemento insieme, gli arredi essenziali.
Improvvisamente ho avuto un'epifania.



Questo stile mi ricordava qualcuno!, ma certo Mies Van der Rohe e sicuramente il suo padiglione alla fiera di Barcellona! E poi vado a leggere qualche approfondimento su Marcio ed ecco confermato l'arcano. Kogan ha davvero preso ispirazione dal rigore geometrico delle strutture di Van der Rohe. MI piacciono molto infatti le soluzioni, non solo architettoniche, ma anche di design di quel periodo.
E, se un giorno potessi cambiare casa, mi piacerebbe che fosse Marcio Kogan a progettarla.

Tuesday, April 12, 2011

Una prospettiva sulla scuola di oggi vista da ieri e da dentro


Oggi giornata dedicata ai post sulla scuola italiana.
Innanzitutto scuola pubblica, in primis. Ben vengano le scuole private, ma finanziate non coi soldi pubblici, ma con quelli dei privati. I soldi pubblici devono servire per sostenere la scuola pubblica, ma purtroppo quanto accade in questi anni rappresenta una controtendenza. E dire che mio figlio frequenta una scuola dell'infanzia privata, non per scelta mia, ma perchè la pubblica più vicina, quella in cui lui andrà a tempo debito aveva la scuola dell'infanzia presso la succursale e non era attrezzata per accogliere un bimbo di 2 anni

(quindi privata "obbligatoria" per mancanza di offerta da parte della scuola pubblica)

Devo dire che in un modo o nell'altro ho sempre avuto un odio profondo per la scuola, in quanto istituzione. Quindi se, a pelle, la sensazione è questa vediamo quali sono le origini.
Quando ho frequentato il liceo me la cavavo discretamente, ma ricordo che i docenti si avvicendavano frequentemente e non tutti erano "appassionati" o "competenti". Iniziare ogni volta con un metodo nuovo era difficile

(Quindi alta precarietà dei docenti)

La nostra era una scuola periferica e arrivavano da noi i docenti con minor punteggio o quelli destinati ad andare via presto. Ricordo molti docenti appassionati e non ricordo affatto i contenuti, ma la passione, la visione del mondo che ci trasmettevano, la voglia di coinvolgerci in un pensiero attivo: e questo, si mi appassionava.

(quindi la professionalità di pochi)

D'altra parte ho realizzato con gli anni, e con orrore che: non ho mai frequentato un laboratorio di chimica, nè fatto un esperimento di fisica. Come può uno studente appassionarsi a materie che richiedono il lavoro sul campo se deve solo studiare sui libri?

(Quindi infrastrutture carenti)

Un altro elemento è la differenza nord sud, inutile negarla: c'è esiste ed è palpabile. Giavazzi scriveva sul Corriere qualche anno fa che un 7 al sud poteva corrispondere ad un 4 al nord. Eccessivo buonismo al Sud? forse. Non ho ritenuto l'articolo eccessivamente provocatorio, ma realistico. Quando mi capitava in adolescenza di confrontarmi con ragazzi che venivano da Milano o dal nord, pur non sentendomi una schiappa (ero abbastanza sveglia), non potevo non constatare che "loro" avevano una marcia in più. Se la scuola avesse concorso ad ampliare la loro visione della vita, beh, forse è una riflessione da prendere in considerazione

(Quindi minore disequilibrio tra nord e sud)

Infine quando ero a scuola e studiavo i limiti, le derivate e le funzioni ero animata da una grande curiosità, mi chiedevo e chiedevo: "a cosa servono"? Ecco in verità non ho mai trovato un insegnante che mi facesse intravedere i mondi meravigliosi delle applicazioni concrete dello studio della matematica, che, forse, all'epoca, mi avrebbero indirizzata verso studi scientifici. E' come se l'apprendimento di una disciplina fosse scollato e separato dal resto del mondo. E' indubbio che un approccio del genere non fa che allontanare gli studenti dalla voglia di studiare e di imparare.

(Quindi mancanza di visione d'insieme e distanza dalla realtà)

Oggi guardo la scuola dall'interno e vivo l'insegnamento come un vero e proprio dramma. Seppur motivata da un'etica calviniana, per cui porto avanti il mio compito nel migliore dei modi possibili eppure:
Così come chiesi, a mia volta, ad un insegnante il perchè dello studio delle funzioni, tempo fa uno studente mi chiese perchè studiare la letteratura: confesso in primis di essermi sentita spiazzata. In effetti ho cercato di dargli una risposta, della quale non ero neanche io troppo convinta. Ma alla base del mio lavoro metto sempre la voglia di suscitare la curiosità. Nonostante tutti i vincoli che le programmazioni impongono, il compilare cartacce e parlare di obiettivi, competenze etc. etc. (sarà ma io sono pragmatica, non parole ma fatti), cerco sempre di suscitare curiosità, di fare volare alto il pensiero, di stimolare i ragazzi a trovare connessioni sempre e comunque con il mondo reale. Certo la qualità dell'insegnamento è stimolata e migliorata in ambienti in cui gli studenti rispondono (vedi i licei). E' più critico il contesto di scuole in cui i ragazzi provengono da famiglie "deboli", ad esempio le scuole professionali. Beh lì la mia competenza e pazienza è messa a durissima prova, lì non conta conoscere, nel mio caso la lingua, ma bisogna industriarsi con migliaia di strategie collaterali solo per suscitare l'interesse di base.

(quindi al docente sono demandate non solo le competenze della disciplina che insegna, ma anche umane, sociali, psicologiche, strategiche e non sempre l'università forma a queste ultime)

Un altro aspetto che mi sta molto a cuore: scuola e tecnologia (non internet). Anche in questo caso c'è uno scollamento fra la realtà e la scuola. Gli studenti sono molto più "tecnologici" dei docenti con i quali sembra abbiano da spartire ben poco. Causa scarsi fondi, poca conoscenza dell'open source, poca predisposizione ad investire in tecnologia, in molte scuole il massimo della dotazione tecnologica è rappresentata da costosissimi e poco utilizzati laboratori linguistici, difficili da usare, con programmi non sempre aggiornati e con la possibilità di accedere in rete bloccata, causa scarsa fiducia nei confronti dell'utenza. E se improvvisamente "sbocciasse" il wifi e fosse permesso anche l'uso degli smartphone per le lezioni e non si spendessero fondi in inutili corsi di formazione e costosissime LIM, ma si desse libero sfogo all'uso condiviso e diffuso della rete... certo per questo i docenti in primis dovrebbero cogliere le infinite possibilità offerte dalla rete e non vederla come ostile e infido strumento, luogo di perdizione. In questo caso formazione dei docenti e responsabilizzazione dovrebbero essere le parole chiave.

(quindi scarsa attitudine tecnologica)

Aspetti architettonici: per me non sono trascurabili: le strutture scolastiche sono fatiscenti, cadenti, pericolose, brutte. Certo se si investissero i soldi che vengono devoluti in maniera caritatevole alle private per rendere vivibili e fruibili le nostre scuole, più verdi, più colorate, magari verrebbe anche più voglia di starci dentro.

(quindi carenze architettonico-strutturali)

Infine, last but not least, l'aspetto motivazionale e remunerativo. A dispetto dei molti che in maniera spicciola liquidano il lavoro degli insegnanti come "troppo retribuito a fronte del tempo libero e delle vacanze" beh è indubbio che il tempo ha un valore economico, ma il mio lavoro non si conclude con le ore a scuola, devo correggere i compiti, preparare le lezioni, se sono un insegnante coscienzioso, leggere, informarmi e anche aggiornarmi (e si sa che l'aggiornamento ha dei costi, l'azienda magari paga l'aggiornamento, la scuola no). Se non ho il tempo per coltivare la disciplina, leggere, informarmi, acquistare libri, giornali, come potrò essere un insegnante all'altezza dei tempi? Io sarei per allungare l'orario di permanenza a scuola. In che senso: spesso io preferirei avere uno spazio per me a scuola e "finire" il lavoro lì, piuttosto che essere interrotta a casa migliaia di volte dai miei figli. Datemi uno spazio di lavoro e i compiti, la preparazione, lo studio li continuo a scuola e guarda come improvvisamente i tempi di permanenza nella scuola sarebbero analoghi a quelli di un ufficio.
Non intervengo sul tema della meritocrazia, se non per dire che la direzione verso la quale spinge la riforma a mio avviso non è la migliore, ma siccome non ho riflettuto su eventuali alternative mi fermo qui.

(quindi difficoltà ad aggiornarsi a fronte di motivazione e remunerazione).

Questa è una riflessione molto "di pancia", speriamo che una giornata come quella di oggi, come le tante altre e le manifestazioni possano risvegliare l'interesse dei burocrati troppo alle prese con interessi locali e privi di una visione lungimirante e ampia. L'educazione (education) e gli aspetti relativi all'istruzione sono temi troppo sensibili per la crescita di un paese perchè vengano relegati solo ad alcuni temi rimandati ossessivamente dai media.
Good luck belove/behated school.

Brevi riflessioni su Report


Una breve riflessione sulla puntata di Report di domenica 10 aprile. Si parlava di facebook, altri social network e google, se ne è parlato in termini molto allarmanti. Sostanzialmente il succo del servizio è che dietro l'idea di gratuità si nascondono complessi software che profilano l'utente come consumatore e costruiscono profili e che permettono così alle aziende di vendere a terzi i propri gusti e le proprie preferenze.
In realtà è una versione a mio avviso un pochino demonizzante della rete. La profilazione esasperata a mio avviso avviene nella misura in cui non si adottino cautele o comunque nè più nè meno quanto avviene nel mondo offline... tutte le volte che accettiamo di dare i nostri dati per le infinite carte fedeltà mettiamo comunque i nostri dati a disposizione di terzi per "profilarci", potrebbero esserci dei vantaggi in questo (ad esempio offerte ad hoc al supermercato) oppure eccesso di invasione della privacy (posta pubblicitaria). Cos'è lo spam se non posta pubblicitaria on line non gradita?
In realtà in questi giorni riflettevo su cosa la rete abbia rappresentato e stia rappresentando per me. Innanzitutto una immensa finestra sul mondo, nei primi anni, quando si usava la mail e il web 1.0: ricerche di informazioni (da filtrare opportunamente). Il mondo del web 2.0 in realtà mi ha spalancato portoni sul mondo della condivisione: quanta ricchezza, quante conoscenze individuali condivise.
Di ogni strumento bisogna saper cogliere il meglio; certamente quando i miei figli saranno adolescenti e utenti della rete cercherò di metterli in guardia e adotterò le strategie più adeguate per renderli responsabili, ma così come cercherò di metterli in guardia dalle insidie del mondo.
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